venerdì 26 agosto 2022

MIRROR MIRROR


Il riflesso di una donna su uno stagno esprime simbolicamente la vulnerabilità e la non accettazione del sé. Come in una sorta di anti Narciso, la distruzione della propria IMMAGINE diventa l’unico strumento per evadere da se stessi, evasione che non può fare a meno di ritornare sui propri passi nel riformarsi dell’immagine sullo specchio dell’acqua. MirrorMirror è il simulacro di una vita che va in pezzi ma che continuamente ritorna per ricominciare, il ripartire anche se non se ne hanno le forze, l’errore che riemerge e la ripetizione del gesto con andamento ostinato portato fino alle sue estreme conseguenze; in una poetica del dolore interiore che si nutre di rotture e malsani tentativi di ricomposizione.

Invito il fruitore ad indossare le cuffie come gesto di isolamento interiore.


https://vimeo.com/user12028756 




METACITY

 In una piazza tre ragazze passeggiavano e tutte e tre scrivevano sul cellulare senza parlarsi ma tenendosi per mano... come dire stiamo vicine ma siamo distanti le une dalle altre.

Nella sua semplicità quell’immagine mi ha particolarmente colpito. Allora ho pensato a come le relazioni tra le persone stiano cambiando profondamente: nei luoghi pubblici, nelle piazze, negli autobus, anche tra amici ci si ritrova ad essere vicini ma distanti, ognuno preso da cosa succede online senza rendersi conto di essere offline per chi si ha affianco. Questo isolamento determina un non-spazio intorno all’individuo, o meglio un’architettura invisibile che divide e separa le persone. L’intimità di questo spazio sta divenendo sempre più importante, assumendo delle connotazioni quasi sacre ed inviolabili, in quanto determina una sorta di seconda “casa” che ci consente di disconnetterci dal mondo circostante. Probabilmente questa sorta d’isolamento è fisiologico ed irreversibile, e l’aumento del numero di cellulari ed apparecchi multimediali per individuo, soprattutto in Italia, ne è un esempio anche in questo momento di crisi economica mondiale. L'uso del cellulare è in aumento perché l’avanzamento tecnologico e gli imperativi della comunicazione rendono le persone dipendenti da questi oggetti, ne consegue una sorta di tirannia dell’Oggetto e della Macchina e allo stesso tempo una sostanziale inconsapevolezza di quanto sta accadendo.

Il video METACITY parla dell’isolamento del navigatore connesso alla rete, dove i pezzi del computer diventano zattere o piccole piazze alla deriva. L’architettura della nostra vita sta cambiando e bisogna inevitabilmente seguirne il flusso.

Senza alcuna pretesa di monito educativo, ma con la semplice intenzione di fermare lo sguardo sulla cultura contemporanea, da questi presupposti scaturisce la necessità di costruire una visione metaforica della nuova realtà.

Nasce così un viaggio verso un Altrove fatto di vestigia di tecnologia obsoleta. Pezzi di modernariato presi da vecchi pc dismessi divengono piazze e grattaceli, e campi verdi di natura sintetica. Città fluttuanti lievitano sospese su un mare di Luce Neon che si fa Demiurgo ubique e incarna forse l’idea prossima di una nuova spiritualità oltre i confini della tecnologia. O l’infinito nulla a cui nessuna tecnologia può sottrarci.

In questo non-luogo dialogano primati, simbolo del potenziale evolutivo umano e allo stesso tempo visione sarcastica di un certo modo comune di lasciarsi rincoglionire dai vari network.

In METACITY c’è solitudine e alienazione, ma anche infinite possibilità di creare collettivamente e partecipare di un TUTTO che non deve prescindere dal nostro quotidiano.


This video tries to capture some of this paradoxical isolation involved in ‘better communication’. In it, pieces of computer components have become small rafts adrift amidst the changing architecture of our western lives, floating on a flow of inevitability. Without any pretence to preach, the idea of this video is to enable us to distance ourselves and reflect upon this contemporary situation.

In this way we seek to initiate a journey elsewhere, an alternative place, through what are the ever-changing remains of the ever-advancing technology, the components of which in their short life-cycle before becoming obsolete are fashioned the objects of floatation keeping our heads above the surface while at the same time taking us ever deeper into the running rapids of their advancement. Fluctuating cities of such obsolete components flourish under the basking rays of the demiurge of neon-lights where all spirituality is the advancement of the object. In this strange place where space is negotiated in terms of negation and addition the human evolutionary potential in the form of primates navigate these blocks of space, reflecting their own capacity to interact by surfing on top of rafts of defunct technology while ever curious of their own reflection. Here in Metacity, there is loneliness and alienation, but also infinity of possibilities to create collectively and participate by interchanging spatial relations, navigating space-blocks. Operator, I would like to place a call to... As such, the video aims to question assumptions that may otherwise be too close for us to recognize.

https://vimeo.com/user12028756











AUTISM DISORDER 2.0

AUTISM DISORDER 2.0

AUTISM DISORDER 2.0 è un viaggio nell’isolamento tecnologico intrapreso nel video precedente METACITY (2012). L'uso del cellulare è in aumento perché gli avanzamenti tecnologici rendono le persone dipendenti da questi oggetti, ne consegue una sorta di tirannia dell’Oggetto e della Macchina e allo stesso tempo un’assoluta, o quasi, inconsapevolezza di quanto stia accadendo. Il cellulare diviene quindi oggetto d’indagine e mezzo attraverso il quale girare il video, è l’archetipo della nuova comunicazione, o meglio della comunicazione auto referenziata quindi “autistica”.
Senza alcuna pretesa di monito educativo, ma con la semplice intenzione di fermare lo sguardo sui nuovi usi e costumi popolari, da questi presupposti è sorta in me la necessità di architettare una visione metaforica di questa realtà.
In una piazza tre ragazze passeggiavano e tutte e tre scrivevano sul cellulare senza parlarsi... come dire stiamo vicine ma siamo distanti le une dalle altre. Nella sua semplicità quell’immagine mi ha particolarmente colpito. Allora ho pensato a come le relazioni tra le persone stiano cambiando profondamente: nei luoghi pubblici, nelle piazze, negli autobus, anche tra amici ci si ritrova ad essere vicini ma distanti, ognuno preso da cosa succede online senza rendersi conto di essere offline per chi si ha affianco. Questo isolamento determina un non-spazio intorno all’individuo, o meglio un’architettura invisibile che divide e separa le persone. L’intimità di questo spazio sta divenendo sempre più importante, assumendo delle connotazioni quasi sacre ed inviolabili, in quanto determina una sorta di seconda “casa” che ci consente di disconnetterci dal mondo circostante. Nel video AUTISM DISORDER 2.0 ritrae labbra che si muovono e non emettono suoni, mani che digitano linee e pulsanti invisibili, grida che non hanno suono e musiche che raccontano di due luoghi vicini ma incomunicabilmente distanti.


APOSTASIA

 Il cortometraggio APOSTASIA racconta una visione simbolica delle possibili origini dell’obesità. Da qualche parte nell’infanzia della protagonista è avvenuto un evento toccante che l’ha fatta sentire abbandonata, rigettata, non voluta, non amata. Passa il tempo e qualcosa del passato riemerge nel presente, si affaccia così un bisogno silenzioso di protezione che la spinge a riunire, legare e stingere a sé tutto ciò che può custodirla, creando intorno a sé un guscio protettivo. Alla base di questa storia c’è il senso di vuoto, l’abbandono, con un sottofondo di bambini ridenti che possono essere ad un tempo gioia e derisione.

Riportare alla Luce l’antica ferita e prendere coscienza dell’Origine è così un Apostasia del dolore in funzione di una metamorfosi.

Il video è stato volutamente girato con il cellulare come oggetto d’indagine del quotidiano, ogni giorno l’occhio tecnologico ubique ci fa entrare nelle innumerevoli visioni degli utenti che le postano su internet e spesso ci racconta di scene di disagio sociale, bullismo, derisioni e tragedie che segnano profondamente la vita degli “attori” ritratti.
L’attrice protagonista è Elisabetta Pisu, lei ha un rapporto particolare con il cibo, se non l’emoziona preferisce non mangiare, è come se cibo ed emozioni andassero a braccetto.
Il disegno in apertura del video è stato realizzato da Xavier Pira, ha 12 anni e ha avuto un’idea geniale nel collegare il filo rosso della bambina che rappresenta “il legame” con i volti assenti di due genitori da vetrina. Infine con questo video cerco di creare un ponte tra arte e consapevolezza. L’Arte Trasforma.

https://vimeo.com/186427049





giovedì 25 agosto 2022

MATER

Simone Loi _ MATER - Progetto realizzato per la residenza d’artista presso Premio Internazionale Scultura Edgardo Mannucci.
@simoneloiart con la collaborazione di @giordanoloi Guskin Gioielli e un sincero ringraziamento a Massimo Vitangeli per aver curato il progetto.


Mater _ 2019, fibra composita, ossidiana, rame, placcatura in oro.

Il progetto MATER (2019) dell'artista Simone Loi, nasce come tributo alla
straordinaria attività di orafo del Maestro Edgardo Mannucci. Un'attivita importante
e complementare dell'artista, di cui una parte venne esposta nell’antologica a lui
dedicata alla Biennale del metallo di Gubbio nel 1967.
È lasciandosi ispirare dall'immaginario cosmico del magnifico protagonista dell'arte
informale del '900 quale fu Mannucci, che Simone Loi ci traghetta con la sua ricerca scultorea in una dimensione stratificata, fatta di simbologie, squarci iconografici, sacralità, e senso del magico.
Ed è in questa esclusiva circostanza, che l'immaginifico di Loi insegue assonanze,
empatie e suggestioni creative di quel movimento organico e armonico in bilico tra
scultura e gioiello, per approdare a forme che rappresentino un'idea di un immediato
passato e un possibile futuro. Egli lo fa attraverso la coniugazione di preziosi
materiali antichi con i materiali del tempo presente che presagiscono l'evoluzione
del linguaggio scultoreo, creando un'ibridazione tra l'antico, l'arcaico, e il senso
alieno di un futuro della forma, peculiarità assolute che ritroviamo compiutamente
nell'opera MATER, un Brahmanda concepito per questa speciale occasione.
Ma per meglio addentrarci nell'attività scultorea e poetica di Simone Loi,
documentata dalla serie di fotografie esposte in questa XXVI edizione del Premio,
diventa significativo approcciarsi al suo immaginario, un immaginario che spesso
attinge dall'archeologia del sapere, estraendo preziosi e raffinati innesti arcaici, di
cui l'aspetto fascinoso è rappresentato dal senso antropologico con il quale indaga
per edificare le proprie opere. I riferimenti simbolici e stilistici al quale ricorre hanno
un'escursione primigenia che esplora con premura e dovizia lo spazio sensibile
dell'antichità sarda e dei suoi archetipi, rievocando figure come il Toro, simbolo della
forza creatrice, evocativo dell'idea di potenza, ma anche di sostegno del mondo
che mette in movimento la spirale cosmica. O la Dea Madre, Dea della fecondità
nel senso etnografico, ma ugualmente archetipo che collega e sostiene l'universo,
simbolo dell'inconscio e di coscienza della manifestazione. Quella del Padre,
simbolo del valore e di quella ricchezza per il suo potenziale di trascendenza, il Padre
delle origini, che è ad un tempo arcaico e prospettico, generatore di rinascita, come
afferma Paul Ricoeur nel suo trattato Dell'interpretation (1966).
Per poi ricorrere alle simbologie più terrene come l'Acqua, sorgente di vita, materia
prima, il Prana, soffio vitale come lo definivano i tantrici. O la Terra, che rappresenta
la funzione materna, protettrice contro ogni forma di annullamento, o come afferma
Esiodo nella Teogonia, le fu dato il nome di Grande Madre poiché si rivelò all’origine
di ogni vita.
O inoltrandosi nel simbolo dell'intelletto umano, di ciò che taglia e separa, che
permette un discernimento, una comprensione, come il Pugnale, la lama. Simbolo
di coraggio e ardore guerriero, ma anche dal significato alchemico che impedisce il
mescolarsi degli elementi, simbolo di potere, tanto da essere portato sul petto degli
antichi bronzetti sardi come simbolo di una casta elevata. Un Khanjar della mente
per l'artista.
Dunque, una simbologia antica quella di Simone Loi, ma con una visione che
trascende il tempo, tra sacralità e magia nuragica di una terra ancora misteriosa.
Massimo Vitangeli


La Scultura-Gioiello: scultura da indossare. La ricerca scultorea nasce dall’incontro tra il mio background di orafo e il percorso nella scultura contemporanea. I primi prototipi di Scultura Gioiello nascevano come progetto per l’ammissione al Kent Institute of Art & Design a Canterbury, in quell’occasione proponevo un progetto chiamato Entropic Jewels che aveva come tema centrale la “stretta relazione”, lo “scambio di calore”, che si instaurava tra la scultura di piccole dimensioni (portate al collo) e il suo portatore. Il concetto base stava nel muovere la scultura, da essere considerata nell’eccezione classica, come opera da contemplare nella sua “fissità” alla dinamicità dell’essere portata al collo come monile. I riferimenti simbolici e stilistici per le Sculture Gioiello parlano dell’antichità sarda e dei suoi due archetipi il Toro/Luce/Padre e la Dea Madre/acqua/terra e alla lama/pugnale come simbolo di potere, tanto da essere portata sul petto degli antichi bronzetti sardi come simbolo di una casta elevata. Le tecniche e i materiali per la realizzazione di queste Scultura Gioiello sono antiche e moderne, per esempio la tecnica dello sbalzo e cesello incontra la microfusione del metallo e i materiali variano dall’oro e l’argento ai più moderni titanio e carbonio.




































lunedì 23 febbraio 2015

LA PRIMAVERA DI QUIRRA_2011


La Primavera di Quirra

Paesaggio post bellico, dove il terreno è saturo di ogni forma di arma, dove i corpi dei soldati si mescolano alle macchine in una grande danza della morte. Il Gioco della Guerra, sterile esercitazione sui campi fertili. La figura di un uomo, un Pastore, si staglia sulle macerie e guarda in lontananza la sua casa. Sguardo rivolto alla sua terra violata che ancora esige di sentire propria, portavoce di una resistenza ostinata che non accetta di consegnarsi a un potere violento, estraneo. La proiezione del nido sicuro si leva allora come impossibile ideale, superando la consapevolezza del terreno malfermo su cui è costruito, come un diritto che si vuole a tutti costi affermare a dispetto della morte, e tuttavia si leva inevitabilmente minato, distorto miraggio.

Questo scatto, che appartiene ad una serie fotografica, non può contenere l’intera complessità della questione affrontata, ma ne condensa l’assurdo e apre ad una riflessione, l’inconciliabile contraddizione tra un popolo, quello sardo, che si tiene aggrappato al profilo antico dell’isola con gli strumenti della tenacia e della diffidenza, e una forza, quella del potere, che usurpa e calpesta, che addestra soldati per guerre distanti e al belato della terra sovrappone il fischio dei proiettili inutili.

Così che a Quirra, intorno al Poligono Sperimentale, in quelle zone che i pastori non si rassegnano a lasciare, il gioco si fa serio e la vita che resiste è vita contaminata dall’uranio, malformata per generazioni, malata di corpi estranei che avanzano come l’ombra sulla terra assolata.

A Quirra la guerra è finzione, è un esercizio di stile, ma la morte è reale. A Quirra la guerra è un gioco simulato quanto lo sono i soldatini di plastica, è illusione di un teatro potenziale, creato artificiosamente e vestito di retorica. L’unica cosa vera è la morte che affligge la comunità. La paura di andare contro i poteri forti, la ribellione che si tramuta in autocondanna.

Questo lavoro cerca di mettere a fuoco una problematica sociale attraverso l'uso dei giocattoli come mezzo di indagine. Nasce così una riflessione nella riflessione che erige il suo teatro sul piano infinito della metafora. Uno specchio e un non luogo.

La serie fotografica inizia come un viaggio, il primo scatto è una visione e le seguenti sono una riflessione su di essa.


The Spring of Quirra

Post-war landscape, where the soil is saturated with every kind of weapon, where the bodies of soldiers mingle with the machines in a great dance of death. The Game of War, arid exercise on fertile fields. The figure of a man, a
shepherd, stands on the rubble and look in the distance his house. His gaze turned to the earth that still requires to feel violated its own, a spokesman for stubborn resistance that refuses to surrender power to a violent stranger. The projection of the safe nest rises as impossible ideal, beyond the awareness of the unstable ground on which it is constructed, as a right that one wants to claim all costs in the face of death, and yet rises inevitably undermined, distorted mirage.

This shot, which belongs to a series of photographs, may not contain the full complexity of the issue addressed, but it condenses the absurd and open to reflection, the irreconcilable contradiction between a people, the Sardinian, held clinging to the Ancient Profile of the Island with the tools of the tenacity and diffidence, and a force of the power, which usurping and trampling, which trains soldiers for a distance war and at the distant bleating of the land overlaps the whistle of useless bullets.

So that at Quirra, around the Experimental Polygon, in those areas that shepherds are not resigned to leaving, the game gets serious and life that resists contamination by uranium, malformed life for generations, sick of foreign bodies as they progress the shadow on the sunny land.

A Quirra war is fiction, is an exercise in style, but death is real. At Quirra war is a simulated game as are the plastic soldiers, is a potential theater of illusion, artificially created and dressed by rhetoric. The only true thing is the death that afflicts the community. The fear of going against the great powers, the rebellion that turns into self-condemnation.

This work tries to focus on a social problem through the use of toys as a means of investigation. The result is a reflection in the reflection that builds his house on infinite plane of metaphor. A mirror and a non-place.

The photographic series begins as a journey, the first shot is a vision and the following are a reflection on it.










mercoledì 10 dicembre 2014

DUE GEMELLI E UNA PASSIONE PER LE DUE RUOTE


Il testo va letto come un coro di due voci all’unisono, Giordano & Simone, un bicilindrico insomma.

Billia era un pittore di Simboli e le sue tele erano i cavalli. Ogni cavallo aveva una storia cicatrizzata sul suo corpo fatta di segni quasi illeggibili ma evidenti; poi arrivava Billia e magicamente quel disegno cambiava, si evolveva in un arabesco che ne alterava l’onda di forma; ora quel cavallo volava sulla terra con forza e veemenza. Qualcosa era cambiato. Quel cavallo non era più lo stesso, si era evoluto in una Scultura Dinamica. Billia era nostro nonno.
Se vuoi Conoscere il Bello devi scendere nel fango e sporcarti le mani, l’argilla è la Materia della Creazione. Si dice che Adamo e il Golem provenissero dal fango e attraverso l’Impronta dell’Artista e della vibrazione del suo soffio acquisissero la Vita. Le Sculture Dinamiche sono questo, dall’Argilla al Movimento attraverso il respiro del Motore, dal Cavallo alla Motocicletta il passo è breve.   
Lentamente, come l’erosione del vento, la superficie dell’argilla cambia pelle, si riveste di squame di carbonio e di pittura rossa pronta a solcare l’asfalto.
C’è un Segreto in queste opere e risiede nell’infondere l’Anima alle Cose, questo segreto corre lungo la superficie delle cose create dalla Natura e non può essere palesato se non attraverso una lunga contemplazione, questo Segreto o meglio quest’Anima si chiama Asimmetria. In questo caso è la leggera asimmetria che separa una scultura da un oggetto di design, è l’asimmetria che ti fa accarezzare il corpo di queste moto per cercare di carpirne la profondità e lì, in quelle profondità, trovi l’unicità di te stesso, ritrovi il volto della tua Amata
Simone Loi
Introduzione alle Sculture Dinamiche di Gioedano Loi pubblicato su CHEFUTURO! 

http://www.chefuturo.it/2014/12/due-gemelli-una-passione-per-le-due-ruote-e-il-futuro-che-riparte-dalla-sardegna/ 

A cura di: Nicola Pirina.
Testo: Simone Loi, Giordano Loi e Nicola Pirina.
Fotografie: Gianni Rizzotti