sabato 27 agosto 2022

R O O T S R E M E D Y _Conoscere le Radici dell’Albero Genealogico.

 

ROOTSREMEDY

“ Chi sono io? Da dove vengo? Dove sto andando? Qual è il mio senso?”. Nel giorno di nascita un bambino viene al mondo caricato di un senso, il così detto “Progetto Senso”, che non è suo, ma quello inconscio dei suoi genitori che a loro volta hanno ereditato dai propri genitori. Questa data non è causale, ma è determinata da una costellazione di avvenimenti-shock, vissuti da un genitore, da uno dei nonni, a volte anche da generazioni precedenti, e questo può essere trasmesso e passato di generazione in generazione causando sintomi comportamentali o fisici in un discendente; come è vero che ereditiamo il colore degli occhi di un nostro antenato così ne acquisiamo anche gli i comportamenti, le paure e i desideri. Quindi capire la propria struttura, le memorie che ci portiamo appresso è fondamentale per conoscere il Progetto Genitoriale Inconscio e iniziareun percorso di osservazione atto a trasgredire il Progetto genealogico pur conservandone il Senso. Trasgredire il Progetto e conservarne il Senso vuol dire Conoscere Se Stessi, assumersi la responsabilità della propria Funzione, senza più essere in balia degli eventi e delle memorie. Conoscere il proprio Progetto Senso consente di essere presenti a se stessi, di assumersi le responsabilità rispetto al proprio Talento e di metterlo in funzione andando altre la propria sfera personale, per certi versi è come se ci distaccassimo dalla nostra personalità per agire solo la nostra Funzione, qualcosa che è prettamente nostra e diversa da individuo ad individuo.

Una considerazione fondamentale è scoprire che “Noi non siamo Noi”, ovvero quello che noi crediamo di essere, le nostre credenze, il nostro status sociale, il nostro lavoro; la nostra personalità è forgiata da delle dinamiche inconsce che rispondono al nostro Albero Genealogico e, ad un ottava superiore, da memorie genealogiche che si manifestano quotidianamente nelle nostre “scelte”, o meglio nelle nostre “non scelte”, in quanto spesso si è trascinati dalla vita a percorrere strade che sono frutto di spinte date dal nostro clan di appartenenza. Conoscere se stessi è il fine dell’uomo, conoscere il proprio Senso, la sua Funzione è quanto di più nobile egli possa ambire di conquistare. Tesi sperimentale, materia: psicologia e metafisica, presso Accademia di Naturopatia A.N.E.A. Prato 21-12-2016.

venerdì 26 agosto 2022

LAST MIDNIGHT

Last Midnight cerca di mettere in luce il lato decadente dello Spettacolo, attraverso uno sguardo nel buoi della platea alla ricerca di un pubblico assente. Lo spettacolo diventa lo spettatore che non c’è, al suo posto è il suono delle macerie del cinema abbandonato, il cadavere scricchiolante del Tempo che logora i luoghi che venivano chiamati centri culturali.

Last Midnight è il tentativo di rivivere gli ultimi attimi dello show prima che cali definitivamente il sipario, la messinscena si ferma e l’attenzione è verso il pubblico, Il video diventa allora come un possibile last show, che lascia trasparire tutta la sua intima fragilità. Sulle note di Midnight, the stars and you salutiamo il fantasma del consumismo che si è nutrito e ha consumato il suo pasto.”


LAST MIDNIGHT 






MIRROR MIRROR


Il riflesso di una donna su uno stagno esprime simbolicamente la vulnerabilità e la non accettazione del sé. Come in una sorta di anti Narciso, la distruzione della propria IMMAGINE diventa l’unico strumento per evadere da se stessi, evasione che non può fare a meno di ritornare sui propri passi nel riformarsi dell’immagine sullo specchio dell’acqua. MirrorMirror è il simulacro di una vita che va in pezzi ma che continuamente ritorna per ricominciare, il ripartire anche se non se ne hanno le forze, l’errore che riemerge e la ripetizione del gesto con andamento ostinato portato fino alle sue estreme conseguenze; in una poetica del dolore interiore che si nutre di rotture e malsani tentativi di ricomposizione.

Invito il fruitore ad indossare le cuffie come gesto di isolamento interiore.


https://vimeo.com/user12028756 




METACITY

 In una piazza tre ragazze passeggiavano e tutte e tre scrivevano sul cellulare senza parlarsi ma tenendosi per mano... come dire stiamo vicine ma siamo distanti le une dalle altre.

Nella sua semplicità quell’immagine mi ha particolarmente colpito. Allora ho pensato a come le relazioni tra le persone stiano cambiando profondamente: nei luoghi pubblici, nelle piazze, negli autobus, anche tra amici ci si ritrova ad essere vicini ma distanti, ognuno preso da cosa succede online senza rendersi conto di essere offline per chi si ha affianco. Questo isolamento determina un non-spazio intorno all’individuo, o meglio un’architettura invisibile che divide e separa le persone. L’intimità di questo spazio sta divenendo sempre più importante, assumendo delle connotazioni quasi sacre ed inviolabili, in quanto determina una sorta di seconda “casa” che ci consente di disconnetterci dal mondo circostante. Probabilmente questa sorta d’isolamento è fisiologico ed irreversibile, e l’aumento del numero di cellulari ed apparecchi multimediali per individuo, soprattutto in Italia, ne è un esempio anche in questo momento di crisi economica mondiale. L'uso del cellulare è in aumento perché l’avanzamento tecnologico e gli imperativi della comunicazione rendono le persone dipendenti da questi oggetti, ne consegue una sorta di tirannia dell’Oggetto e della Macchina e allo stesso tempo una sostanziale inconsapevolezza di quanto sta accadendo.

Il video METACITY parla dell’isolamento del navigatore connesso alla rete, dove i pezzi del computer diventano zattere o piccole piazze alla deriva. L’architettura della nostra vita sta cambiando e bisogna inevitabilmente seguirne il flusso.

Senza alcuna pretesa di monito educativo, ma con la semplice intenzione di fermare lo sguardo sulla cultura contemporanea, da questi presupposti scaturisce la necessità di costruire una visione metaforica della nuova realtà.

Nasce così un viaggio verso un Altrove fatto di vestigia di tecnologia obsoleta. Pezzi di modernariato presi da vecchi pc dismessi divengono piazze e grattaceli, e campi verdi di natura sintetica. Città fluttuanti lievitano sospese su un mare di Luce Neon che si fa Demiurgo ubique e incarna forse l’idea prossima di una nuova spiritualità oltre i confini della tecnologia. O l’infinito nulla a cui nessuna tecnologia può sottrarci.

In questo non-luogo dialogano primati, simbolo del potenziale evolutivo umano e allo stesso tempo visione sarcastica di un certo modo comune di lasciarsi rincoglionire dai vari network.

In METACITY c’è solitudine e alienazione, ma anche infinite possibilità di creare collettivamente e partecipare di un TUTTO che non deve prescindere dal nostro quotidiano.


This video tries to capture some of this paradoxical isolation involved in ‘better communication’. In it, pieces of computer components have become small rafts adrift amidst the changing architecture of our western lives, floating on a flow of inevitability. Without any pretence to preach, the idea of this video is to enable us to distance ourselves and reflect upon this contemporary situation.

In this way we seek to initiate a journey elsewhere, an alternative place, through what are the ever-changing remains of the ever-advancing technology, the components of which in their short life-cycle before becoming obsolete are fashioned the objects of floatation keeping our heads above the surface while at the same time taking us ever deeper into the running rapids of their advancement. Fluctuating cities of such obsolete components flourish under the basking rays of the demiurge of neon-lights where all spirituality is the advancement of the object. In this strange place where space is negotiated in terms of negation and addition the human evolutionary potential in the form of primates navigate these blocks of space, reflecting their own capacity to interact by surfing on top of rafts of defunct technology while ever curious of their own reflection. Here in Metacity, there is loneliness and alienation, but also infinity of possibilities to create collectively and participate by interchanging spatial relations, navigating space-blocks. Operator, I would like to place a call to... As such, the video aims to question assumptions that may otherwise be too close for us to recognize.

https://vimeo.com/user12028756











AUTISM DISORDER 2.0

AUTISM DISORDER 2.0

AUTISM DISORDER 2.0 è un viaggio nell’isolamento tecnologico intrapreso nel video precedente METACITY (2012). L'uso del cellulare è in aumento perché gli avanzamenti tecnologici rendono le persone dipendenti da questi oggetti, ne consegue una sorta di tirannia dell’Oggetto e della Macchina e allo stesso tempo un’assoluta, o quasi, inconsapevolezza di quanto stia accadendo. Il cellulare diviene quindi oggetto d’indagine e mezzo attraverso il quale girare il video, è l’archetipo della nuova comunicazione, o meglio della comunicazione auto referenziata quindi “autistica”.
Senza alcuna pretesa di monito educativo, ma con la semplice intenzione di fermare lo sguardo sui nuovi usi e costumi popolari, da questi presupposti è sorta in me la necessità di architettare una visione metaforica di questa realtà.
In una piazza tre ragazze passeggiavano e tutte e tre scrivevano sul cellulare senza parlarsi... come dire stiamo vicine ma siamo distanti le une dalle altre. Nella sua semplicità quell’immagine mi ha particolarmente colpito. Allora ho pensato a come le relazioni tra le persone stiano cambiando profondamente: nei luoghi pubblici, nelle piazze, negli autobus, anche tra amici ci si ritrova ad essere vicini ma distanti, ognuno preso da cosa succede online senza rendersi conto di essere offline per chi si ha affianco. Questo isolamento determina un non-spazio intorno all’individuo, o meglio un’architettura invisibile che divide e separa le persone. L’intimità di questo spazio sta divenendo sempre più importante, assumendo delle connotazioni quasi sacre ed inviolabili, in quanto determina una sorta di seconda “casa” che ci consente di disconnetterci dal mondo circostante. Nel video AUTISM DISORDER 2.0 ritrae labbra che si muovono e non emettono suoni, mani che digitano linee e pulsanti invisibili, grida che non hanno suono e musiche che raccontano di due luoghi vicini ma incomunicabilmente distanti.


APOSTASIA

 Il cortometraggio APOSTASIA racconta una visione simbolica delle possibili origini dell’obesità. Da qualche parte nell’infanzia della protagonista è avvenuto un evento toccante che l’ha fatta sentire abbandonata, rigettata, non voluta, non amata. Passa il tempo e qualcosa del passato riemerge nel presente, si affaccia così un bisogno silenzioso di protezione che la spinge a riunire, legare e stingere a sé tutto ciò che può custodirla, creando intorno a sé un guscio protettivo. Alla base di questa storia c’è il senso di vuoto, l’abbandono, con un sottofondo di bambini ridenti che possono essere ad un tempo gioia e derisione.

Riportare alla Luce l’antica ferita e prendere coscienza dell’Origine è così un Apostasia del dolore in funzione di una metamorfosi.

Il video è stato volutamente girato con il cellulare come oggetto d’indagine del quotidiano, ogni giorno l’occhio tecnologico ubique ci fa entrare nelle innumerevoli visioni degli utenti che le postano su internet e spesso ci racconta di scene di disagio sociale, bullismo, derisioni e tragedie che segnano profondamente la vita degli “attori” ritratti.
L’attrice protagonista è Elisabetta Pisu, lei ha un rapporto particolare con il cibo, se non l’emoziona preferisce non mangiare, è come se cibo ed emozioni andassero a braccetto.
Il disegno in apertura del video è stato realizzato da Xavier Pira, ha 12 anni e ha avuto un’idea geniale nel collegare il filo rosso della bambina che rappresenta “il legame” con i volti assenti di due genitori da vetrina. Infine con questo video cerco di creare un ponte tra arte e consapevolezza. L’Arte Trasforma.

https://vimeo.com/186427049





giovedì 25 agosto 2022

MATER

Simone Loi _ MATER - Progetto realizzato per la residenza d’artista presso Premio Internazionale Scultura Edgardo Mannucci.
@simoneloiart con la collaborazione di @giordanoloi Guskin Gioielli e un sincero ringraziamento a Massimo Vitangeli per aver curato il progetto.


Mater _ 2019, fibra composita, ossidiana, rame, placcatura in oro.

Il progetto MATER (2019) dell'artista Simone Loi, nasce come tributo alla
straordinaria attività di orafo del Maestro Edgardo Mannucci. Un'attivita importante
e complementare dell'artista, di cui una parte venne esposta nell’antologica a lui
dedicata alla Biennale del metallo di Gubbio nel 1967.
È lasciandosi ispirare dall'immaginario cosmico del magnifico protagonista dell'arte
informale del '900 quale fu Mannucci, che Simone Loi ci traghetta con la sua ricerca scultorea in una dimensione stratificata, fatta di simbologie, squarci iconografici, sacralità, e senso del magico.
Ed è in questa esclusiva circostanza, che l'immaginifico di Loi insegue assonanze,
empatie e suggestioni creative di quel movimento organico e armonico in bilico tra
scultura e gioiello, per approdare a forme che rappresentino un'idea di un immediato
passato e un possibile futuro. Egli lo fa attraverso la coniugazione di preziosi
materiali antichi con i materiali del tempo presente che presagiscono l'evoluzione
del linguaggio scultoreo, creando un'ibridazione tra l'antico, l'arcaico, e il senso
alieno di un futuro della forma, peculiarità assolute che ritroviamo compiutamente
nell'opera MATER, un Brahmanda concepito per questa speciale occasione.
Ma per meglio addentrarci nell'attività scultorea e poetica di Simone Loi,
documentata dalla serie di fotografie esposte in questa XXVI edizione del Premio,
diventa significativo approcciarsi al suo immaginario, un immaginario che spesso
attinge dall'archeologia del sapere, estraendo preziosi e raffinati innesti arcaici, di
cui l'aspetto fascinoso è rappresentato dal senso antropologico con il quale indaga
per edificare le proprie opere. I riferimenti simbolici e stilistici al quale ricorre hanno
un'escursione primigenia che esplora con premura e dovizia lo spazio sensibile
dell'antichità sarda e dei suoi archetipi, rievocando figure come il Toro, simbolo della
forza creatrice, evocativo dell'idea di potenza, ma anche di sostegno del mondo
che mette in movimento la spirale cosmica. O la Dea Madre, Dea della fecondità
nel senso etnografico, ma ugualmente archetipo che collega e sostiene l'universo,
simbolo dell'inconscio e di coscienza della manifestazione. Quella del Padre,
simbolo del valore e di quella ricchezza per il suo potenziale di trascendenza, il Padre
delle origini, che è ad un tempo arcaico e prospettico, generatore di rinascita, come
afferma Paul Ricoeur nel suo trattato Dell'interpretation (1966).
Per poi ricorrere alle simbologie più terrene come l'Acqua, sorgente di vita, materia
prima, il Prana, soffio vitale come lo definivano i tantrici. O la Terra, che rappresenta
la funzione materna, protettrice contro ogni forma di annullamento, o come afferma
Esiodo nella Teogonia, le fu dato il nome di Grande Madre poiché si rivelò all’origine
di ogni vita.
O inoltrandosi nel simbolo dell'intelletto umano, di ciò che taglia e separa, che
permette un discernimento, una comprensione, come il Pugnale, la lama. Simbolo
di coraggio e ardore guerriero, ma anche dal significato alchemico che impedisce il
mescolarsi degli elementi, simbolo di potere, tanto da essere portato sul petto degli
antichi bronzetti sardi come simbolo di una casta elevata. Un Khanjar della mente
per l'artista.
Dunque, una simbologia antica quella di Simone Loi, ma con una visione che
trascende il tempo, tra sacralità e magia nuragica di una terra ancora misteriosa.
Massimo Vitangeli


La Scultura-Gioiello: scultura da indossare. La ricerca scultorea nasce dall’incontro tra il mio background di orafo e il percorso nella scultura contemporanea. I primi prototipi di Scultura Gioiello nascevano come progetto per l’ammissione al Kent Institute of Art & Design a Canterbury, in quell’occasione proponevo un progetto chiamato Entropic Jewels che aveva come tema centrale la “stretta relazione”, lo “scambio di calore”, che si instaurava tra la scultura di piccole dimensioni (portate al collo) e il suo portatore. Il concetto base stava nel muovere la scultura, da essere considerata nell’eccezione classica, come opera da contemplare nella sua “fissità” alla dinamicità dell’essere portata al collo come monile. I riferimenti simbolici e stilistici per le Sculture Gioiello parlano dell’antichità sarda e dei suoi due archetipi il Toro/Luce/Padre e la Dea Madre/acqua/terra e alla lama/pugnale come simbolo di potere, tanto da essere portata sul petto degli antichi bronzetti sardi come simbolo di una casta elevata. Le tecniche e i materiali per la realizzazione di queste Scultura Gioiello sono antiche e moderne, per esempio la tecnica dello sbalzo e cesello incontra la microfusione del metallo e i materiali variano dall’oro e l’argento ai più moderni titanio e carbonio.